La discontinuità e l’ultimo giro

Al netto dell’indignazione social più o meno di parte, più o meno riflesso pavloviano, si potrebbe azzardare un’analisi della squadra di Governo leggermente più in prospettiva.
Il generale stupore dei commentatori sembra rivolto all’assenza di discontinuità con il governo Renzi; ma a chi avrebbe giovato una forte discontinuità? Molto probabilmente più di tutti non allo stesso Presidente uscente. Dimettendosi Renzi si assume le colpe della sconfitta referendaria, ma con il gesto di abbandonare Palazzo Chigi “senza paracadute” è in fondo anche il solo a emendarsi e a sentirsi le mani libere per una nuova partenza.
Le “promozioni”, o forse anche le conferme dei nuovi/vecchi ministri, hanno tutta l’aria di un ultimo, brevissimo giro. La discontinuità a cui pensa Renzi è quella da presentare alla prossima tornata elettorale, magari nella forma non certo istituzionalmente corretta, ma di forte impatto comunicativo, di una squadra di Governo già bella e pronta prima del voto, da presentare al Presidente della Repubblica all’indomani delle elezioni.
Naturalmente parliamo di nomi, di facce, di storie per parlare di un’idea di Paese che si vuol proporre, non certo di figurine. In discontinuità, in continuità.
Vedremo, ma intanto attenzione alle illusioni ottiche.

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