La PDCommunity fra “redazione controinformativa” e partecipazione democratica.

La comunicazione politica negli ultimi due anni ha invaso ogni angolo dei social network. Gli hashtag politici di bandiera sono quotidianamente nelle posizione alte dei TT di Twitter. È un bene? È un male? Prima di cercare di dare una risposta non possiamo non constatare che un ruolo decisivo nell’accelerazione di questo processo è stato interpretato dalla così detta PDCommunity, la struttura del Dipartimento Comunicazione del Partito Democratico che si occupa della diffusione dei contenuti attraverso i social network (non fa solo questo, ma lo vedremo più avanti).

Nonostante si sia scritto molto sulla PDCommunity, rimane per i più un oggetto abbastanza misterioso. Marco Damilano nel suo “La Repubblica del selfie” vede nel membro della “web community”, “l’agit-prop elettronico”, il prototipo dell’ “homo renzianus”, “il nuovo conformista”. Al contrario Ilvo Diamanti, nella sua analisi del successo del PD alla tornata europea, sembra indicare nella componente di attivismo web la sintesi del Partito Democratico stesso, come elemento complementare e necessario al PdR, il Partito di Renzi. Insomma, due prospettive in qualche modo opposte, ma che ci dicono che il fenomeno esiste e ha una portata non trascurabile.
Ma come nasce e come si sviluppa la PDCommunity?
Plasmata da Francesco Nicodemo e voluta da Matteo Renzi all’indomani della sua elezione a Segretario, nel gennaio 2014 vede la luce con il fine di essere una grande rete di collegamento capillare sul territorio, capace di mettere in relazione il centro alla periferia e viceversa, attraverso l’utilizzo di room digitali locali coordinate da una room nazionale.

Un progetto complesso ed ambizioso, lo diremo subito, riuscito solo in parte. La room nazionale è diventata quasi da subito il vero fulcro dell’attività della community: composta da un centinaio di membri fra responsabili comunicazione locali, dipendenti del dipartimento comunicazione e degli uffici stampa e blogger interessati al progetto.
Cosa fa la PDCommunity?
Il ruolo principale della room è quello di monitorare i flussi di informazione sui social network. Contrariamente a quanto spesso si è scritto, la sua attività principale non consiste nel diffondere contenuti preconfezionati (testi, infografiche, meme, etc.), ma nel costruirsi giorno dopo giorno come una vera e propria “redazione” controinformativa. In questa peculiarità sta l’assoluta novità nel panorama nazionale dell’esperienza e ciò che ne ha sancito la progressiva visibilità e il relativo successo.
Come funziona questa “redazione controinformativa”?

La particolarità della situazione politica italiana unita a una spontanea propensione dei social alla diffusione di contenuti non verificati ha in qualche modo costretto un gruppo di comunicatori “governativi” a correggere flussi, nati spontaneamente o veicolati dagli avversari politici (in special modo dal Movimento 5 Stelle), tendenti al massimo grado di negativismo (“deve essere per forza così, tutto va male, andrà sempre peggio!”). Decisiva in questo senso è stata, oltre al grado di maggiore preparazione e autorevolezza rispetto all’attivismo pentastellato, la prossimità del gruppo con le attività dei gruppi parlamentari di Camera e Senato; poter consultare un testo di legge direttamente, nel momento in cui un flusso informativo ne depreca il contenuto, può essere la carta vincente per diffonderne istantaneamente la bontà, o per mettere in risalto gli aspetti positivi (che come abbiamo visto “non fanno titolo”), così come potersi tempestivamente consultare con stimati esperti dei settori tecnici che si intrecciano alla politica.

All’indomani del successo alle elezioni europee, successivo al periodo di maggior attività della community, la stessa ha subito un periodo di stanca, in parte dovuto a un fisiologico logoramento tipico delle comunità digitali ad assidua frequentazione, in parte al clima di popolarità del Partito e del Governo in cui sembrava naturale che un meccanismo che così bene aveva funzionato potesse autoalimentarsi spontaneamente senza troppi sforzi.
Non sono mancati alcuni importanti exploit comunicativi come la campagna in favore della scelta di Sergio Mattarella alla carica di Presidente della Repubblica, vero spartiacque del renzismo: ma in questa sua seconda fase il lavoro della community è stato meno strutturato e più istintivo, a fiammate appunto, legato all’iniziativa dei suoi componenti più in vista.

È degli ultimi mesi, però, con Alessia Rotta nel ruolo di responsabile comunicazione, un ulteriore rilancio del progetto nei suoi due binari originari: la partecipazione democratica sui territori e l’attivismo web. Per quanto riguarda il primo aspetto è stato attivato un tour su tutto il territorio nazionale per coinvolgere e formare nuovi attivisti, ma anche con lo scopo di “fare rete” nel senso di sinergizzare le potenzialità dei singoli usando il web come canale intercomunicativo, e non solo, per la diffusione di contenuti all’esterno. Il programma di partecipazione si fonde all’attività digitale sempre nell’ottica di “redazione” controinformativa: ma in questo caso possiamo parlare di “redazioni locali” come quelle che hanno portato alla luce magagne ed incongruenze delle amministrazioni grilline a Quarto, Livorno, Bagheria e Pomezia. La room nazionale raccoglie questi contenuti e li diffonde con un meccanismo ormai oliatissimo, utilizzando gli hashtag come veicolo e un certo grado di ironia che coinvolge anche gli utenti non necessariamente allineati al Partito Democratico.

Tornando al quesito che ci siamo posti in apertura di questo ragionamento possiamo quindi riassumere che se all’utente medio o all’addetto ai lavori la presenza massiccia della comunicazione politica modello PDCommunity sui social network può istintivamente risultare fastidiosa, questa invasione ingombrante di campo contribuisce nel panorama informativo a creare una maggiore completezza e in buona misura bilancia la tendenza alla diffusione di contenuti volutamente populisti e tendenti al massimo grado di negatività, siano essi preconfezionati e diffusi dai movimenti antisistemici a priori, siano il frutto di derive sensazionalistiche di una parte dell’informazione.

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