Non si farà

non si farà

Non preoccupatevi, non si farà. In questo Paese non c’è spazio per un vero Governo del Cambiamento. La diaspora grillina resterà una mera resa dei conti interna. Nonostante gli sforzi del Giovane Kurdo, è solo una risicatissima minoranza nel Pd a volere un esecutivo di svolta; meglio navigare nelle acque tranquille della Grande Coalizione, serenamente anonimi come all’interno del gruppo in una tappa di pianura del Giro d’Italia. Tutto questo rumore servirà a mettere solo un po’ di paura al Cavaliere, che già non dorme sereno perché lui i sondaggi li sa leggere e capisce che il PDL è morto da almeno tre anni. Mi domando, d’altro canto, fargli paura per fare cosa? Qualcosa di sinistra. Non preoccupatevi, non si farà.

Non andrà in porto il Piano C, nemmeno ora. Nemmeno quanto il M5S vede i suoi voti ridotti in molti casi a un quinto, e molti parlamentari cominciano a comprendere che il loro reale mandato non è mai esattamente stato quello riprodotto ogni giorno dai post rabbiosi di Grillo. Nemmeno quando il più accreditato fra i supporter del Movimento, Dario Fo, non trova argomenti migliori, per difendere l’operato del comico, che lodare le sue doti teatrali. Sembra che Fo ignori il programma pentastellato, che ignori ciò che Grillo continua a ripetere e ciò, soprattutto, di cui non parla mai. Fallirà, il Governo dei Sogni, anche perché Dario Fo, invece di suggerire pragmatismo (meglio un governo più vicino alla sinistra che Berlusconi ancora al Governo!) si lascia andare a deliranti speculazioni sul ruolo dell’attore che svelando la maschera rivela la verità. Ma checciazzecca, direbbe Tonino. A noi servono politici seri, capaci, mica situazionismo, teatro kabuki, estetica wildiana (la vita imita l’arte) o, ancor peggio, l’elogio di ipotetiche avanguardie estetico-popolari, che non possono non farmi pensare all’amore di D’Annunzio per il primo Mussolini.  Invece di cercare di costruire qualcosa di alternativo all’attuale innaturale alleanza, nada, ci si mette anche Fo, con le maschere del teatro greco e l’apollineo che non mente mai.

Niente da fare, quindi, scordatevi il rinnovamento. Muoversi verso una possibile e futura alleanza con i grillini più vicini al centro-sinistra avrebbe potuto (potrebbe?) innescare una metamorfosi interna anche al Partito Democratico. Ricordo i discorsi all’indomani del voto: il ricambio generazionale era un mantra che, come una risacca, rimbombava in ogni discorso. Oggi se ne parla molto meno. Spero che il Congresso non sancisca la definitiva cattività di quell’onda all’interno di una conchiglia, soprammobile da dimenticare in un angolo a prendere polvere, soprattutto perché sarebbe immorale non ricordare che se abbiamo attribuito la sconfitta elettorale allo scarso appeal del PD nei confronti dei giovani, poi proprio i nostri giovani residui abbiamo tradito: sono loro quelli di Occupy-PD che detestano i 101 e mai avrebbero voluto un governo con il PDL.

State tranquilli, non si farà. Lo ribadisco per chi oggi ha prontamente replicato alle parole di Bersani che, frainteso o meno, lo sappiamo, ha perso. Ma forse abbiamo perso tutti. Eppure basterebbe un po’ più di coraggio, un po’ più di colorata passione, per smettere per sempre di dover quotidianamente pesare le nostre scelte sugli umori di Brunetta e della Santanchè. Mandarli all’opposizione. E  trovare una via nuova per questo Paese. Magari battendo strade non ancora battute. Quelle, già lo sappiamo dove ci hanno portato.

(pubblicato su pdsavona.it 15 Giugno 2013)

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