Quel giorno a Via Caetani

Qualcuno, sembra un secolo fa, osservò con ironia che se le B.R. avessero rapito Andreotti al posto di Moro, i brigatisti ne sarebbero usciti democristiani. In realtà, durante la prigionia, Andreotti avrebbe detto le stesse cose che disse Moro, riassunte nel suo Memoriale, e che per motivi oscuri le Brigate Rosse non diffusero mai: la Dc era un grande partito popolare, cattolico e anticomunista; scopo dei dirigenti della democrazia cristiana era quello di evitare in tutti i modi che i comunisti andassero al potere. Banale, naturalmente. Se non fosse che Moro davanti alle pressioni dei carcerieri su quei modi, cercò di spiegare le proprie ragioni personali, sugli innumerevoli delitti mai chiariti, parlò lungamente la sua lingua, quella della politica del Palazzo (che è un gioco di forze, di correnti), che ovviamente i brigatisti non potevano capire.

Quello che ci interessa però, in questo momento è qualcos’altro. Che ne dica Mario Moretti (la Sfinge che mente spesso), non fu indifferente rapire Moro o Andreotti. Ciò che volevano impedire i brigatisti era molto semplicemente il Compromesso Storico, che avrebbe relegato alla marginalità più assoluta le loro pretese rivoluzionarie. Paradossalmente gli interessi delle BR collimavano con la destra DC, guidata da Andreotti: il progetto di Berlinguer e Moro rischiava di turbare gli equilibri internazionali e di dimostrare al mondo che una terza via era possibile.  In una prospettiva del genere la stessa esistenza politica di Giulio Andreotti, al di là della sua carriere, rischiava di perdere senso.

Su Andreotti è stato detto di tutto. Ha ammesso egli stesso di essere stato accusato di qualsiasi cosa successa dopo le Guerre Puniche. A me, in questa sede non interessa parlare dei suoi presunti rapporti con la mafia o del suo ruolo nella strategia della tensione. Le prove in questo senso sono labili, come è ovvio che sia: sarà la storia a fare giustizia, se mai giustizia ci sarà. Io voglio parlare di ciò di cui Giulio Andreotti è certamente, politicamente e umanamente responsabile. Giulio Andreotti ha lasciato morire Aldo Moro. Non sono io a dirlo, è lo stesso Moro, nelle sue lettere dal carcere delle BR. Scrisse “il mio sangue ricadrà su di voi”, “nessuno di loro al mio funerale”. Ma Giulio Andreotti non ha soltanto lasciato morire un compagno di partito, un amico; in nome della ragione di stato, ha lasciato morire la speranza di una pacificazione nazionale che ancora oggi, a fatica, cerchiamo di rincorrere. Se il Compromesso storico si fosse fatto, un decennio prima della caduta del muro di Berlino, oggi l’Italia sarebbe un Paese migliore. Come la Thatcher, che lasciò perire di fame chi chiedeva lo status di prigioniero politico, Andreotti e la sua Dc, allo stesso modo non concessero quello status ai brigatisti reclusi, concessione che sarebbe bastata ad ottenere la liberazione di Moro. Quella scelta, unita alla follia brigatista, uccise il segretario della DC , e uccise il nostro futuro. Immobile a quel giorno in Via Caetani.

Mia dolcissima Noretta,

dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell’incredibilità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione. Certo ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l’indirizzo della mia vita. Ma ormai non si può cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si può solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli. Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della D.C. con il suo assurdo ed incredibile comportamento. Essa va detto con fermezza così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso. E’ poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall’idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati delle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare. E questo è tutto per il passato. Per il futuro c’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in una unica casa, anche Emma se è possibile e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze. Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore.

Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienmi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto tanto Luca), Anna, Mario il piccolo non nato, Agnese, Giovanni. Sono tanto grato per quello che hanno fatto. Tutto è inutile, quando non si vuole aprire la porta. Il Papa ha fatto pochino: forse ne avrà scrupolo…

[L’ultima lettera di Aldo Moro alla moglie]

(pubblicato su pdsavona.it 6 Maggio 2013)

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