Per lungo tempo, lungo per la nostra percezione del medium che si evolve alla velocità della luce, abbiamo pensato che Twitter fosse come l’acqua del celebre discorso di David Foster Wallace, in cui i pesci anziani avrebbero finito per perdersi disarmati e i nativi invece fondersi nell’elemento, fino a perdere coscienza che fosse qualcosa di altro: nemmeno elemento. Invece, come ci racconta bene Dino Amenduni dal suo blog Twitter non è diventato il mare fosteriano, ma un acquario. Ilsostanziale crollo del network, il livellamento di nuovi accoliti, soprattutto nei confronti del concorrente Facebook, è imbarazzante.
Un social network non è una fondazione benefica. È essenzialmente un prodotto di consumo. In cui la merce è il consumatore. Funziona quando il prodotto, nel caso specifico il consumatore-merce, aumenta, si moltiplica. Come aveva annotato tempo fa Filippo Sensi dalle pagine di Europa, sulla scorta di alcune riflessioni dell’immenso e compianto David Carr, l’approccio social-tv-politico soffre di un intrinseco tarlo strutturale. La ricerca di ciò che più ci assomiglia, consapevolmente o meno: la finestra sul mondo, il mare aperto in cui aprire le vele della nostra libertà e conoscenza, diventa lo specchio, il vetro dell’acquario.
Quindi l’universo Twitter, con tutta la sua sovrastruttura mitoietica, è condannato all’estinzione?
Crediamo di no. Perché la funzione merce e la fruizione del mezzo come valore aggiunto, come arricchimento da parte del fruitore, sembrano viaggiare parallelamente. E arriviamo a Periscope, la materia di questa rubrica. Periscope è uno dei possibili strumenti per uscire dall’acquario, piazzare un periscopio fuori, vedere cosa c’è oltre il vetro, fuori dal riflesso.
Nel palinsesto settimanale c’è Periscope che raggiunge i dieci milioni di utenti, due milioni al giorno che utilizzano l’app, condividono. C’è Facebook che lancia Mention, un Periscope per Vip, insomma nella crisi del Twitter “circoletto”, il social pop che cerca di creare l’effetto guarda-dal-divano, cioè quello che sembra aver allontanato gli utenti dai 140 caratteri , verso la più comoda e gratificante amicizia prossimale.
Ma come può Periscope salvare Twitter, e con Twitter la trasformazione dei rapporti e dello spazio sociale orizzontale dei nuovi media che avevamo immaginato? Il processo passa attraverso ilripensamento del concetto di “community”. In questa settimana, nel nostro palinsesto Periscope, infatti c’è Giulio Base con una diretta dalla spiaggia di Saint Tropez: 28.871 live viewers, 94.686 cuoricini (i “mi piace” istantanei di Periscope). Il regista romano è stato capace, in questi mesi, di unire alle capacità tecniche che abbiamo già analizzato una propensione empatica alla creazione di una comunità estesa, dentro e fuori i confini nazionali: una community.
Contemporaneamente, oltreoceano, l’Harley Davidson lancia sull’applicazione un giro del mondo virtuale, a tappe: fateci vedere come viaggiate con la vostra Harley, da Sydney, Tokyo, Barcellona, Toronto, Mexico City, Las Vegas, e tornando a Portland da dove si era partiti.
L’Harley Davidson attraverso Periscope mobilita la comunità degli harleysti, ai quattro angoli del pianeta, la community che si incontra nei raduni della prossimità reale, ma anche nei forum, nelle chat, su Whatsapp: la prossimità virtuale di quello che amiamo chiamare tempo libero, o se più vi piace, le nostre passioni. Il commerciale, la promozione di un prodotto, e la promozione di uno strumento di aggregazione umana. Periscope sembra l’oggetto virtuale ideale per creare un gioco di specchi, acquari con vasi comunicanti, il luogo dove si possano incontrare harleysti-interisti-vegani, tennisti-chitarristi-disinistra, e innumerevoli variazioni e abbinamenti, community variabili, tv da guardare e da fare, generalista e tematica, tutto ancora da plasmare: un oceano di possibilità per ogni declinazione della creatività.
Terzo capitolo della rubrica #periscoppio, pubblicato su unita.tv 26 Agosto 2015